A morte i razzisti

Alessandro Ghebreigziabiher si racconta ad Afrologist in occasione del suo ultimo libro

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In occasione dell’uscita del suo ultimo libro intitolato A morte i razzisti: una vendetta assaporata e attesa, una missione da compiere fino in fondo (Oakmond Publishing), abbiamo intervistato Alessandro Ghebreigziabiher, scrittore e drammaturgo e regista teatrale italiano, nonché curatore su Afrologist della rubrica Storytelling da Africa e Italia.

Il libro uscirà il 10 agosto in tutte le librerie ed è già prenotabile su Amazon in versione E-book. Ecco qualche curiosità in esclusiva su A morte i razzisti e il suo autore!

a morte i razzisti, Afrologist
a morte i razzisti, Afrologist

Da dov’è nata l’idea di scrivere questo libro?

Non so rispondere con precisione. Non riesco a identificare una fonte di ispirazione in particolare. Posso dirti che spesso mi ritrovo a scrivere le storie che mi piacerebbe leggere e, come accade al protagonista del romanzo, sentivo la necessità di raccontare – o raccontarmi – la vicenda di una vittima di aggressioni razziste che decide di vendicarsi e in qualche modo pareggiare i conti col destino, tutto qui. Scriverla l’ho trovato divertente e a tratti anche gratificante. Come ritrovarmi in una sorta di catartico videogioco, anche se non sono un appassionato del genere. O meglio, una drammatizzazione teatrale con ampio spazio all’improvvisazione sul tema, che mi sembra più azzeccato.

Ci sono riferimenti a qualche esperienza personale che ti ha fatto riflettere e che ti ha portato a scrivere questa trama?

Malgrado possa sembrare scontato, non sono state le esperienze prettamente personali ad avermi dato la spinta decisiva. C’era un’urgenza, questo è sicuro, ma derivava piuttosto dalla percezione che nel tempo ho sviluppato e modificato della narrazione pubblica – sociale, culturale e anche politica – intorno al tema del libro. Sia nella letteratura nello specifico, come nel cinema, ma anche all’interno delle rete, nel mondo dei media in generale, la figura della persona/personaggio oggetto di discriminazione razziale risponde a delle caratteristiche monocordi: è vittima sacrificale (di cui aver compassione o che susciti indignazione) oppure abbiamo l’attivista dei diritti civili, l’avvocato, il giornalista, pure il sindacalista, ecc.

Analogamente, il secolo scorso è stato segnato con veemenza da due figure emblematiche, le quali rappresentano simbolicamente altrettanti macro approcci, differenti e in parte complementari, al razzismo: quello di Martin Luther King e quello di Malcolm X. Nell’immaginario collettivo, generalizzando e semplificando al massimo, potremmo dire che corrispondono a una strategia di lotta alle discriminazioni moderata, il primo, e intransigente, il secondo.

Eppure sappiamo tutti che la realtà è molto più complessa e variegata di così. Inoltre, per la maggior parte delle categorie umane che nella Storia con l’iniziale maiuscola hanno dovuto subire grandi persecuzioni, soprusi e umiliazioni, esiste il mito del vendicatore e del giustiziere. Ecco, il protagonista di questo mio libro immagina di esserlo proprio perché nessun eroe è venuto a salvarlo o a far valere i suoi diritti quando ne aveva bisogno, sia nel mondo reale che in quello fittizio.

Il titolo del romanzo è molto diretto, anche la descrizione “Un romanzo che è un pugno nello stomaco e pur un grido di speranza”: cosa ti interessa più comunicare attraverso le pagine del libro? Quali emozioni e riflessioni?

In genere non è mai nelle mie intenzioni comunicare direttamente qualcosa, un messaggio o altro, con un romanzo. Mi piace l’idea che possa appassionare, divertire, che risulti avvincente sino alla conclusione. Questo libro in particolare vorrei che prendesse chi legge, come dire, del tutto alla sprovvista. Che risulti spiazzante e che rimanga impresso nella memoria e nella pancia, se non nel cuore.

Il libro è un chiaro riferimento alla sofferenza di chi subisce e/o ha subito del razzismo. Se dovessi spiegare in poche parole cosa è per te il razzismo, cosa diresti?

Sono più di vent’anni che scrivo di razzismo. L’ho vissuto fin da bambino e lo vivo ancora oggi sulla mia pelle, letteralmente. Per sapere cosa sia sulla carta, in teoria, è sufficiente procurarsi un dizionario. E sono convinto che basterebbe attingere alle due cose, l’esperienza diretta di chi ne possa parlare con cognizione di causa e le definizioni più o meno dotte, per riconoscere che la discriminazione del prossimo in base al colore della pelle, le sue origini, il paese di provenienza e ogni altro dettaglio superficialmente evidente, è ancora oggi un elemento base della cultura del nostro tempo. Il razzismo ci è stato insegnato da piccoli e da allora le lezioni non sono ancora terminate, a mio avviso.

Ci sono riferimenti alla pop culture? Si potrebbe parlare “quasi” di un thriller in chiave “anti-razzista”?

Ci sono eccome i riferimenti pop. Fin dall’inizio ho maturato l’idea che Malick, il protagonista, fosse un ragazzo come tanti. Nel libro ha vent’anni, vive di internet, cinema e in parte libri come molti suoi coetanei. Avrebbe potuto crescere come un tipico ragazzo italiano, se non fosse stato per l’aspetto, e questo è ovviamente parte del dramma di cui non è affatto responsabile, tutt’altro. Be’, anche per questo è un thriller anti-razzista, ma la cosa va presa alla lettera.

Qual è il tuo libro preferito (se ne hai uno)?

Ho difficoltà a risponderti. Quando mi fanno questa domanda mi sento come quei genitori a cui chiedono quale tra i figli preferiscono, ovvero il contrario. Sono un consumatore onnivoro di storie sin da quand’ero piccolo, romanzi, spettacoli teatrali e anche film. In ogni caso, nel tempo i miei gusti, le mie aspettative riguardo a una lettura, l’occhio con il quale giudico un libro, sono mutati. È tutto molto più complesso e sfumato, per quanto mi riguarda, ma ci sono dei punti fermi nei romanzi che prediligo che sono rimasti tali: primo, devo sentire l’impellenza di andare avanti, di voltare pagina. Secondo, devo essere sorpreso. Adoro essere stupito. Terzo, una volta terminato, devo sentire il bisogno di rifletterci. Deve avermi lasciato qualcosa dentro di indelebile.

Quali sono dei libri che consiglieresti di leggere perché un “Must-read”?

Hai tempo? L’elenco sarebbe molto lungo… Provo a citarne alcuni che ritengo fondamentali, vado in ordine sparso e attingo a vari generi, così non si offende nessuno: Don Chisciotte della Mancia, Moby Dick, tutte le opere di Shakespeare, Il giovane Holden, Mattatoio N. 5, 1984, Se una notte di inverno un viaggiatore, La fattoria degli animali, Il piccolo principe, Dracula, I tre moschettieri, Siddhartha, Uomini e topi, Il signore degli anelli, It, Sostiene Pereira, La compagnia dei Celestini, Cuore di tenebra, Il signore delle mosche, Il buio oltre la siepe. Mi fermo qui, ma potrei andare avanti per ore. Penso che ogni libro che ho letto, anche quelli che mi hanno provocato fastidio e irritazione, siano stati per me un “Must-read”.

Il Booktrailer in Le storie dipinte di Dum Tak Power:

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