Alla ricerca di un bambino scomparso nelle oscure Terre del Nord
Leopardo nero, lupo rosso ✏ Marlon James
Leopardo nero, lupo rosso, Marlon James, Frassinelli, 2019, traduzione dall’inglese di Paola D’Accardi.
Torniamo al genere fantasy con Leopardo nero, lupo rosso, edito in Italia da Frassinelli (2019) e primo romanzo della trilogia Dark Star dell’autore giamaicano Marlon James. Vincitore del Man Booker Prize nel 2015 con Breve storia di sette omicidi (Frassinelli 2015), lo scrittore è stato tradotto per la terza volta* in maniera magistrale da Paola D’Accardi. In un’intervista, la traduttrice racconta il suo percorso di traduzione e i testi che ha letto per meglio affrontare quest’opera del tutto particolare, spaziando dai fumetti Marvel ad opere di letteratura africana quali:
«Sundiata, nella trascrizione dalla tradizione orale, che narra l’epopea del leggendario eroe considerato il fondatore del Mali. The forest of a thousand demons, ─ scritto in lingua yoruba dal nigeriano D.O. Fagunwa nel 1938 e tradotto in inglese da Wole Soyinka nel 1968 ─ e il suo diretto «discendente», My life in the bush of ghosts, di Amos Tutuola (1954), che ha ispirato l’omonimo e bellissimo album di David Byrne e Brian Eno.»
Come la stessa D’Accardi sottolinea, «la lingua non standard, l’ambientazione fantastica, la scrittura spesso oscura, la narrazione non cronologica, la trama labirintica», rendono Leopardo nero, lupo rosso un romanzo a dir poco complesso. Confesso che ho dovuto lasciar passare alcune settimane prima di riuscire a scriverne. D’ora in poi, quando leggerò che qualcunə ha una “fervida immaginazione”, credo soppeserò il paragone proprio con Marlon James!
Il filo della trama, se dipanato, è apparentemente semplice: su incarico, Inseguitore “Occhio di Lupo”, famoso per il suo fiuto nel ritrovare persone scomparse, è sulle tracce di un bambino insieme ad un gruppo di mercenari, ciascuno dei quali meriterebbe un articolo a parte: il Leopardo cacciatore mutaforma, con il quale il primo intrattiene una sorta di relazione, l’antistrega Sangoma e il gigante Ogo blu. Nelle vaste Terre del Nord, non sono però i soli impegnati nella ricerca. Anche Nsaka Ne Vampi, Nyka, il vecchio amante di Inseguitore e traditore, ed altri ancora sono stati pagati per lo stesso scopo. Chi lo cerchi, in quali circostanze sia scomparso e perchè sia così importante ritrovarlo sono solo alcune delle domande che esigono risposte, trascinando la lettrice e il lettore nel cuore di misteri che si infittiscono pagina dopo pagina.
L’ambientazione genericamente sub-sahariana, è ricca di foreste incantate, fiumi, villaggi, città dalle architetture medieval-futuristiche e lande desolate e infestate; per lo più è talmente cupa, allucinogena e orrifica che pare essere quasi sempre buio durante la lettura. Alcuni dei nomi appartengono a luoghi esistenti, come Juba. Altri hanno richiamato alla mia mente città reali come Malakal (nel libro) / Maralal (in Kenya) e potrebbero riportare chi legge in luoghi conosciuti sul continente africano.
«Gli alberi avevano di nuovo le foglie e le foglie si facevano sempre più scure, più grosse. […] Non erano nemmeno alberi, ma le dita contorte di giganti sepolti che spuntavano dalla terra, coperte di erba, rami e muschio verde. […] Verdi e verdebruni e verde scuro, e di un verde che era blu, e di un verde che era giallo. Un’intera foresta così.»
Risfogliando questo romanzo immenso, grazie all’indice dei personaggi e alle mappe disseminate qua e là, riaffiorano alla mente la miriade di incontri e battaglie con mostri fantastici, come la coppia di fratelli Asanbosam e Sasabonsam mangiatori di carne umana che si sospetta abbiano il bambino, con Nooya, la donna posseduta dall’uccello fulmine e poi ancora con streghe, sirene, vampiri, semidei e molti altri. Il mondo immaginario di Leopardo nero, lupo rosso è così vasto e abbraccia così tante tipologie di creature da essere travolgente.
La sensazione di perenne oscurità e quella di esser travolti dalla quantità di dettagli e creature vanno a braccetto con una terza costante della narrazione: il sospetto, perché nulla è come appare, nessuno può fidarsi di nessuno. I segreti, gli intrighi e i complotti si ingarbugliano a tal punto da sembrare inverosimile la possibilità di sbrogliare la matassa. I prossimi volumi aiuteranno (spero!) a dare un senso alle molte questioni irrisolte di questo primo libro della trilogia, ad una storia che trabocca di suspense e si sfilaccia in molteplici direzioni.
«Mercante di schiavi, semidio o strega? Chi è cosa, ti chiedo io, chi è cosa. Sei sicuro che quella nera sia un semidio e non un dio? Come lei ne ho visti altri – uno era un uomo, o almeno la sua forma era di uomo, ma sono creati dagli dèi. La gente del Sud dice che un semidio è un uomo tramutato dagli dèi ma non attraverso la morte, ed è la morte il punto, la cosa che fa paura. Non mi piacciono i morti, non mi piace il mezzodì dei morti, non mi piacciono quelli che mangiano i morti e io li ho visti, uomini vecchi in pastrani neri che strisciano a terra e con il bavero di pelliccia bianca, come se si fossero messi addosso la pelle di un avvoltoio.»
Senza contare il fatto che l’incipit del romanzo rivela, per bocca di Inseguitore, che il bambino è morto. Come scrive Michiko Kakutani sul New York Times, sembra quindi che l’autore usi «la ricerca [del bambino] come un’armatura alla quale appendere dozzine di altre storie». Se l’inizio della storia è la sua fine, si può presumere che conosceremo il vero inizio solo giungendo alla fine della trilogia, ma non lo darei per scontato.
È però tutto ciò che sta nel mezzo, le microstorie, i lunghi intermezzi che occupano anni, ciò che rende Leopardo nero, lupo rosso un’opera che, per quanto possa essere accostata ad altre epiche fantasy canoniche e paragonata ai lavori di Tolkien, a Il Trono di Spade o a Black Panther, si differenzia da questi in originalità. Due sono i filoni tematici che a mio parere valgono assolutamente la lettura: l’intersezione di disabilità con magia e stigma sociale, e la vastità di espressioni erotiche delle sessualità umana e animalesca qui rappresentate.
Le pagine più belle sono quelle dedicate al villaggio della Sangoma, dove lei e Leopardo salvano i bambini Mingi – come il Bimbo Giraffa, la piccola nuvoletta Fumo, bambini albini, o affetti da idrocefalo, il Bimbo Palla senza braccia né gambe e i gemelli siamesi – abbandonati a morire nella foresta per impedire che una maledizione si scagli sulla famiglia d’origine, o peggio sull’intero villaggio. Sono anche le uniche parti dalle quali traspare tenerezza, genuinità ed attaccamento sincero, senza mai scadere in una banale compassione. Nel resto del romanzo regnano invece sospetto, odio, indifferenza, crudeltà e disonestà.
«La settima notte Kava mi parlò dei mingi. Indicò i bambini a uno a uno e mi raccontò perché i genitori avevano deciso di ucciderli o di lasciarli morire. Questi avevano avuto la fortuna di essere abbandonati al caso. A volte gli anziani esigono la certezza che il bambino sia morto, e il padre o la madre lo affogano nel fiume. Kava me lo disse seduto sul pavimento della casa di mezzo mentre i bambini si addormentavano su pelli e stuoie. Indicò la bambina dalla pelle bianca.
“È del colore dei demoni. Mingi.”
Un bambino dalla testa grossa cercò di acciuffare una falena.
“I denti di sopra gli sono cresciuti prima di quelli di sotto. Mingi.”»
Leopardo nero, lupo rosso di Marlon James merita perciò recensioni che non la dipingano semplicisticamente come un’opera fantasy bella perché ne richiama altre, ma ne riconoscano il suo valore intrinseco e originale: nella scrittura e nel lessico, nella trama “labirintica”, nelle scelte tematiche e di soggetto spesso lasciate ai margini della letteratura mainstream, e infine nel suo insieme.
Non a caso, il romanzo è rimasto nella classifica del New York Times per settimane e l’autore è entrato nella lista delle 100 personalità del 2019 del Time. Inoltre, la star villano di Black Panther, Michael B. Jordan, con la sua casa di produzione Outlier Society e Warner Bros. ne ha acquisito i diritti per una serie TV. Alla curiosità per il seguito della storia, si aggiunge perciò quella di vedere come verrà reso sullo schermo questo mondo febbrile, oscuro e immenso.✎
*Per Frassinelli, è uscito anche il romanzo Le donne della notte (2016) con traduzione di Paola D’Accardi.
Incipit
«Il bambino è morto. Non resta altro da sapere.
Mi hanno detto che nel Sud c’è una regina che uccide chi le porta brutte notizie. Quindi quando annuncio la morte del bambino, firmo anche la mia condanna a morte? La verità mangia bugie come il coccodrillo mangia la luna, eppure la mia testimonianza di domani sarà uguale a quella di oggi. No, non l’ho ucciso io. Anche se potevo volerne la morte.»
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