Distillato di Botswana in giallo
Precious Ramotswe, detective ✏ Alexander McCall Smith
Alexander McCall Smith, Precious Ramotswe, detective. Il primo caso della detective n°1 del Botswana, TEA, 2013, traduzione dall’inglese di Claudio Carcano.
Data alle stampe nel 1998, la prima fra le diciannove opere della serie dedicata alla detective privata n. 1 del Botswana, Precious Ramotswe, detective (titolo originale: The No.1 Ladies’ Detective Agency) è un avvincente panaché di umorismo inglese, sagacia investigativa e commovente senso di appartenenza. Già nelle prime pagine la protagonista non indugia dallo sfoggiare un travestimento da infermiera per tentare di smascherare quello che ritiene essere una sanguisuga di padre impostore –passaggio che ricalca la strategia adottata da Sherlock Holmes che, travestito da prete in Uno scandalo in Boemia, tenta di sottrarre a Irene Adler la dissoluta fotografia-strumento-di-ricatto. Eppure, Precious Ramotswe non potrebbe essere più dissimile dall’aspie-segugio di Baker Street.
«La signora Ramotswe osservava la cliente sorseggiare il suo tè rosso. Era convinta del fatto che tutto quello che si può desiderare sapere di una persona le stesse scritto in viso. Non era tra coloro che credevano – ed erano ancora in molti – che a contare fosse la forma della testa; era più una questione di prestare attenzione alle rughe e all’aspetto generale. E agli occhi, naturalmente; quelli erano molto importanti. Gli occhi permettevano di vedere dritto dentro una persona, di cogliere la sua vera essenza, ed era quello il motivo per cui chi nascondeva qualcosa indossava occhiali da sole nei luoghi chiusi. Quelle erano le persone cui prestare maggiore attenzione.»
Figlia di Obed Ramotswe classe 1930, ex minatore in Sudafrica poi allevatore di bestiame in Botswana, morto senza aver mai visto il mare, Precious è una signora africana (Mma) «di corporatura tradizionale», profondamente innamorata del suo Paese, il Botswana, e dell’Africa. Fondata a Gaborone grazie alla vendita del bestiame del padre, l’agenzia investigativa pullula di clienti che demandano i suoi servigi per rintracciare mariti scomparsi, pedinare figlie adolescenti e mariti infedeli, restituire auto rubate ai legittimi proprietari, investigare su ex dipendenti amputati e medici dalla condotta sospetta. In questi casi Mma Ramotswe si muove a tratti con destrezza, a tratti con goffaggine, ma sempre con il supporto della sveglia e occhialuta segretaria signorina Makutsi e del mite e fedele amico signor JLB Matekoni, proprietario dell’officina meccanica Speedy Motors.
Dai contenuti emotivi del libro traspare senso di familiarità, di amicizia e il desiderio di rendere esplicita la vita complessa di persone semplici. Ogni volta che Precious sorseggia la sua proverbiale tazza di tè rosso o smarmitta al volante del suo furgoncino bianco sgarrupato, ci prende per mano e ci racconta il valore dello «stare semplicemente a guardare la tua mandria pascolare» con fierezza e con un commovente senso di gratitudine verso la propria terra.
«[…] Sono soltanto una minuscola persona qui in Africa, ma questo, per me come per chiunque altro, è il posto dove sedermi a terra e toccarla e sentirla mia.»
Fra numerose avventure dai toni “giallini” sbucano ben presto le storie di uomini provenienti dal Lesotho, dal Mozambico, dal Malawi e, come Obed Ramotswe, dal Botswana. Uomini «risucchiati» dalle miniere per scavarci oro e diamanti, e morti «perché aveva[no] fatto il minatore e non riusciva[no] più a respirare». Inoltre, sottofondo spirituale che emerge con evidenza nella vita di padre e figlia Ramotswe è la fede nel Dio cristiano.
«[…] Alcuni immaginano Dio come un bianco, un’idea che i missionari hanno portato con sé tanti anni fa e che sembra essersi radicata nella mente della gente. Io non credo sia così, perché non c’è differenza tra uomini bianchi e di colore; siamo tutti uguali; siamo solo uomini. E Dio era qui comunque, prima che arrivassero i missionari. Noi lo chiamavamo con un nome differente, allora, e non viveva lassù, nella terra degli Ebrei; lui viveva qui in Africa, nelle rocce, nel cielo, nei posti in cui sapevamo amava essere.»
Fra pollame irruente, cobra che si avviluppano ai motori delle auto, capre scambiate per mucche e cani dal fiuto infallibile, ma anche fra dolore e violenza, rituali di stregoneria che esigono rapimenti di bambini e «grandi tabù» che fanno paura, si snoda un giallo atipico quanto sapiente. Un «distillato di Botswana» sul quale indulgere con empatica nostalgia, al quale sorridere con amorevolezza e, naturalmente, da setacciare con intelligenza.✎
[Professore emerito di medicina legale all’Università di Edimburgo e co-fondatore della scuola di legge dell’Università del Botswana, l’autore – Alexander McCall Smith – è però nato e cresciuto a Bulawayo (Zimbabwe) nel 1948 finché, diciassettenne, si è trasferito in Scozia.]
Incipit
«La signora Ramotswe possedeva un’agenzia investigativa in Africa, alle pendici della Kgale Hill. I suoi beni consistevano in: un furgoncino bianco, due scrivanie, due sedie, un telefono e una macchina da scrivere. Aveva anche una teiera, nella quale la signora Ramotswe – l’unica donna detective del Botswana – preparava il tè rosso. E tre tazze: una per sé, una per la sua segretaria e una per il cliente. Di che altro necessita un’agenzia investigativa? Le agenzie investigative fanno affidamento sull’intuito e sull’intelligenza, qualità che la signora Ramotswe possedeva in abbondanza, ma che naturalmente non sarebbero mai figurate in un inventario.»
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