La magia è tornata ad Orïsha
Figli di sangue e ossa e Figli di virtù e vendetta ✏ Tomi Adeyemi
Figli di sangue e ossa (2018) e Figli di virtù e vendetta (2020), Tomi Adeyemi, Rizzoli, traduzioni dall’inglese di Seba Pezzani.
Continua il nostro viaggio attraverso i generi letterari, ed è finalmente il turno della letteratura fantastica. Nonostante il fantasy sia spesso collegato alla mitologia norrena e al mondo dei miti greci o romani, la creatività non conosce confini.
È quindi con la giovane scrittrice nigeriano-americana Tomi Adeyemi che recensisco le prime due opere per Afrologist di puro fantasy ambientate di Africa, in Nigeria.
Ricorderete forse la recensione del romanzo di fantascienza Laguna, dell’autrice Naijamerican Nnedi Okorafor. Pur ambientati nella medesima zona geografica, nei pressi di Lagos, Figli di sangue e ossa (2018) e Figli di virtù e vendetta (2020) di Tomi Adeyemi si inseriscono più puramente nel genere fantasy e non nella fantascienza, e raccontano una storia totalmente diversa.
Editi da Rizzoli in Italia, i due romanzi per ragazzi sono il primo e il secondo della trilogia L’eredità di Orïsha (Legacy of Orïsha) della quale manca ormai solo l’ultimo volume, in fase di scrittura da parte dell’autrice di origine yoruba e in previsione di uscita per il 2021 in lingua originale. Unico indizio: “CAA”, ovvero le iniziali del titolo che sarà probabilmente Children of A* and A*, dati i precedenti Children of Blood and Bone (CBB) e Children of Virtue and Vengeance (CVV).
and so it begins 😈 pic.twitter.com/JVwXWFVxrv
— TOMI (@tomi_adeyemi) March 23, 2020
Come in ogni saga fantasy che si rispetti, tappa fondamentale è soffermarsi sulla mappa, e procurarsi una zappa… No, questo non c’entra, ma è una bella tripletta di rime! Soffermarsi sulla mappa, dicevo, come suggerisce Adrian Daub nel suo pezzo Here at the End of All Things per Longreads (2017). Il fascino di quella di Orïsha è particolare, perché mescola luoghi effettivamente esistenti (come Lagos) a luoghi inventati.
Personalmente, ritengo che riuscire ad orientarsi negli spazi di una storia aiuti a seguire in modo immersivo i protagonisti nelle loro peripezie, o a capire i fatti spiegati, e così mi ritrovo a cercare mappe un po’ ovunque, dalla saggistica alla narrativa di ogni genere. Mappe che possono essere anche semplici schizzi come quella di Akure ne I pescatori, di Chigozie Obioma.
Rivelato il mio amore per le mappe, possiamo ora entrare nel mondo fantastico di Orïsha dove una monarchia regna con il terrore e il pugno di ferro. Qui, un tempo, la magia veniva esercitata da maji discendenti da dieci diversi clan, come gli Acciarini, i Veggenti, i Mietitori, i Bruciatori e i Cancri, per menzionarne alcuni, ognuno dei quali rispecchiava doti particolari.
In un regno in cui però non tutti nascono indovini, ovvero in grado di diventare maji crescendo, la magia costituisce una minaccia, specie per i regnanti kosidán privi di capacità magiche. Quando il profondo legame dei maji con gli dèi venne interrotto, il re Saran ne approfittò per eliminare i maji in massa. I giovani indovini sono da allora perseguitati e discriminati, costretti ai margini delle città, dove i loro capelli bianchi li rendono immediatamente riconoscibili.
«Studio la pianta della capitale dal dorso di Nailah e noto i capelli bianchi degli indovini accanto a cui passiamo. A Lagos, i kosidán sono il triplo degli indovini, che quindi spiccano tra la gente. Per quanto lo spazio tra le mura di Lagos sia lungo e ampio, la mia gente si concentra ai margini della città, nelle baracche. È l’unico posto in cui agli indovini sia consentito di vivere.»
Il giorno in cui viene ritrovata una sacra pergamena con il potere di ristabilire quel legame spezzato con un semplice tocco, la possibilità che la magia ritorni ad Orïsha diventa realtà. Inizia così l’avventura epica dell’indovina Zélie a dorso di Nailah, la sua leonera cornuta, dell’inseparabile fratello Tzain e della principessa Amari, braccati dalle guardie reali guidate dal principe Inan. Tra leopardere delle nevi, pantenere corvine e altri animali fantastici, templi sacri di millenaria memoria, addestramenti e nascondigli, battaglie per il potere, amori e tradimenti, la trama de Figli di sangue e ossa si infittisce di pagina in pagina.
Nel mondo fantastico, come nella realtà, giusto/sbagliato non è una dicotomia perfetta
Figli di virtù e vendetta, il secondo libro, in un certo senso si inserisce nel panorama delle storie fantastiche che vogliono rappresentare i chiaroscuri, più che evidenziare la contrapposizione tra Bene e Male in termini assoluti. In questo senso, si differenzia dal primo volume, più strumentale a fornire l’ambientazione e la cornice della storia. Il secondo volume scava invece più in profondità, rivelando ciò che sta al di sotto di un’apparente e manichea contrapposizione tra maji e reali kosidán; i personaggi si arricchiscono e diventano più tridimensionali, più veri. Senza ombra di dubbio, il finale è ciò che più mi ha colpita: non solo vale la lettura di entrambi i libri, ma alza le aspettative per il terzo che si preannuncia (forse) molto diverso.
«Un tempo la magia era la cosa che più di ogni altra mi faceva sentire viva, ma ora è impossibile brandirla senza pensare a tutti coloro che sono morti.»
Attingendo dalla mitologia yoruba – la lingua yoruba diventa qui la lingua della magia – e scegliendo la Nigeria come ambientazione, Tomi Adeyemi ha creato un mondo fantastico nel quale anche giovani afrodiscendenti possono riconoscersi ed immedesimarsi.
Stando alle dichiarazioni dell’autrice stessa nella nota al primo romanzo e in numerose interviste, la sua opera vuole infatti essere una rappresentazione della realtà vissuta dagli afroamericani. Allo stesso modo infatti, gli indovini e i maji vivono sulla loro pelle la brutalità gratuita da parte delle guardie reali e della monarchia, razzismo istituzionale, discriminazione generalizzata, senso di impotenza, perdita e dolore.
«Per quanto cavalcare leoni giganti e compiere riti sacri possa appartenere al mondo della fantasia, tutto il dolore, la sofferenza, l’afflizione e il cordoglio presenti in questo libro sono reali.
Figli di sangue e ossa è stato scritto in un periodo in cui continuavo ad accendere la televisione e a vedere uomini, donne e bambini di colore uccisi, inermi, dalla polizia. Ero spaventata e arrabbiata e mi sentivo indifesa, ma questo libro è stata l’unica cosa che mi abbia trasmesso la sensazione di poter fare qualcosa a riguardo.»
Un ulteriore motivo per leggere entrambi i volumi e consigliarli a giovani (ma non necessariamente) lettrici e lettori di fantasy.
Il primo romanzo è stato primo in classifica su The New York Times nella Young Adult Hardcover Bestseller List nel 2018, vincendo lo stesso anno il premio Andre Norton Nebula Award per Middle Grade and Young Adult Science Fiction and Fantasy, e l’anno successivo il Waterstones Children’s Book Prize nella categoria Older Fiction e lo Hugo Lodestar Award come Best Young Adult Book.
Il successo sarà coronato dall’adattamento cinematografico in previsione dalla Disney/Lucasfilm – dopo che la Disney ha acquisito la Fox 2000 che per prima aveva comprato i diritti del libro – con la sceneggiatura di Kay Oyegun e la regia dell’americano-nigeriano Rick Famuyima.
Che il primo progetto Lucasfilm dopo i franchise Star Wars e Indiana Jones abbia inizio… E che il terzo e ultimo libro mantenga intatta la magia regalandoci il twist finale che la trilogia merita.✎
Post scriptum:
Nel genere fantasy (e sottogenere fantascienza), ci consigliate qualche titolo in stile Afrologist? I prossimi in lista per ora sono: Leopardo nero, lupo rosso di Marlon James (Frassinelli, 2019, primo della trilogia Dark Star), Binti di Nnedi Okorafor (Mondadori, 2019) e Ultima genesi di Octavia E. Butler (Urania Collezione 202, Mondadori, 2019, primo della trilogia della Xenogenesi).
Siamo anche in fremente attesa che qualche casa editrice traduca in italiano The Old Drift (Hogarth, 2019) della zambiana Namwali Serpell, opera narrativa prima e con la quale l’autrice ha appena vinto il premio Arthur C. Clarke per il miglior romanzo di fantascienza.
Cosa ne pensate invece de I ragazzi di Anansi di Neil Gaiman (Mondadori, 2018)?
Per i fan di Nnedi Okorafor, Brittle Paper ha appena pubblicato Africanfuturism: An Anthology a cura di Wole Talabi per celebrare i 10 anni del magazine letterario: l’antologia raccoglie racconti di 8 autrici e autori, tra i quali anche la Okorafor, ed è scaricabile gratuitamente qui.
Scriveteci i vostri consigli a info@afrologist.org o commentate l’articolo, grazie!
Incipit
«SCEGLI ME.
Non riesco a fare altro per non gridare. Affondo le unghie nel legno di marula del mio bastone e stringo con forza per cercare di calmarmi. Le gocce di sudore mi colano lungo la schiena, ma non so dire se è il primo calore dell’alba oppure se è il cuore mi picchia contro il petto. Luna dopo luna, sono stata ignorata.
Oggi non può andare nello stesso modo.»
«Cerco di non pensare a lui.
Ma, quando lo faccio, sento il rumore delle maree.
Baba era con me la prima volta che le udii.
La prima volta che le ho avvertite.
Un po’ come il richiamo di una ninnananna che ci allontanava dal sentiero nella foresta, in direzione del mare. La brezza oceanica mi arruffava i capelli ricci sciolti. Tra le foglie rade filtrava qualche raggio di sole.»
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!