Storie di famiglia nei campi di cotone
La terza vita di Grange Copeland ✏ Alice Walker
La terza vita di Grange Copeland, Alice Walker, Edizioni SUR, 2021, traduzione dall’inglese di Andreina Lombardi Bom.
La terza vita di Grange Copeland è un romanzo potente, una storia che tocca nel profondo. Una narrazione che, anche se racconta della metà del secolo scorso, appare molto vicina.
Quello che leggerete qui di seguito, quindi, è il mio tentativo di riassumere tutto quanto. Soprattutto le emozioni vissute che, vi anticipo, sono davvero molte. Per questo ci tengo a ringraziare moltissimo Edizioni SUR. Non solo per aver reso disponibile questo libro anche in italiano, ma anche per avercene fornita una copia a pochi giorni dalla sua uscita!
Questo romanzo di Alice Walker, autrice anche de Il colore viola (Edizioni SUR, 2019), è ambientato nella Georgia del Sud, USA, nel contesto rurale dei suoi tipici campi di cotone nella prima metà del ‘900. Le discrepanze tra i personaggi che, sin dalle prime pagine, popolano questo libro sono parecchio evidenti. Perché ci sono i bianchi padroni terrieri, e poi c’è la comunità nera che lavora per i padroni. E, all’interno della stessa comunità nera, ci sono enormi differenze tra padri-padroni, mogli-madri-succubi e figli altrettanto succubi e impotenti.
La narrazione segue le vicende della famiglia Copeland, dapprima raccontando da vicino la crescita di Brownfield Copeland. Figlio unico di Grange e Margaret Copeland, una coppia in un matrimonio che definire infelice appare un eufemismo. Brownfield bambino cresce sino alla decina d’anni come figlio di un bracciante ricoperto di debiti, che scarica il suo nervosismo sulla persona a lui più vicina e più succube: la moglie.
Non c’è quindi da stupirsi se, nel vedere queste scene, nel bambino cresca la voglia di andarsene al Nord, lontano dai campi di cotone e dalla povertà che li attanaglia. Ho trovato soprattutto molto efficaci, nel far capire la voglia di scappare, tutti i passaggi delle prime pagine dedicati ai pensieri di Brownfield sulla vita da sogno di cui parlano suo zio Silas e i suoi cugini.
«”Quanto mi piacerebbe stare a Fillidelfia”, disse.
“Be’, non ci stiamo”. Questo era suo padre.
Brownfield guardò sorpreso Grange. Suo padre non gli parlava quasi mai, a meno che non ci fossero degli estranei presenti. E anche in quei casi si comportava come se parlare a suo figlio fosse per lui uno sforzo, un obbligo gravoso.
“A zio Silas gli piace parlare della sua automobile”, disse Brownfield, con le labbra che s’impappinavano sull’ultima parola. Era la parola usata da suo zio, una parola di città. In campagna dicevano sempre macchina. Alcuni le chiamavano ancora carrette, come se non riuscissero ad abituarsi a un veicolo che faceva a meno dei cavalli.»
D’altra parte, le disparità, in questo romanzo, sono molte. E non solo tra bianchi e neri, ma anche tra neri che vivono in posti diversi, chi in campagna e chi in città. Chi costretto a servire e chi, invece, lavora per. Ecco, quindi, che il sogno della città riempie l’animo del giovane Brownfield di speranza. Solo che non va proprio come gli piacerebbe.
Infatti, Grange Copeland un bel giorno scompare, andandosene di casa. Il piccolo Brownfield, arrivato alla decina d’anni, rimane così solo con la madre che, nel frattempo, ha dato alla luce un figlio di padre sconosciuto. Dopodiché, Brownfield Copeland perde anche madre e fratellastro. E, di qui, inizia la crescita da bambino a ragazzo, sino al suo diventare uomo. Anche se nell’unico modo che ha sempre conosciuto.
La terza vita di Grange Copeland, come suggerisce anche il titolo, è un romanzo che racconta fasi di vita, non solo di Grange, ma anche di tutti gli altri personaggi. Il libro è, infatti, diviso in undici parti, ciascuna dedicata a una fase di vita, a un momento, a un modo di essere delle persone di cui si parla. È così, quindi, che vediamo crescere Brownfield, trovare conforto nella compagnia femminile sino al suo innamorarsi per Mem, quella che diventerà sua moglie. Non è tutto oro ciò che luccica, però.
In altre parole, Brownfield, diventato marito e padre di tre figlie femmine, non è infatti quello che si può propriamente definire un modello positivo. Anzi. È così che diventa una versione ancora più violenta del padre scomparso. Ed è così che si arriva alla tragedia, ispirata a fatti realmente accaduti di cui è stata testimone l’autrice stessa. Soprattutto, sarà proprio questa tragedia che porterà Grange Copeland a tornare a casa e a prendersi cura della minore delle sue tre nipoti. In quel momento, e per amore, comincia la sua terza vita.
Questa è una delle cose che ho preferito di questo romanzo, il riscatto e il voler essere una versione migliore di se stessi, non tanto per sé, quanto per chi si ama. Ed è esattamente ciò che fa Grange Copeland tornando a prendersi cura della piccola Ruth e a crescerla, facendole praticamente da padre. Il rapporto che si crea tra nonno e nipote è così potente che esce dalle pagine di questo romanzo, ed è ciò che rimane maggiormente dentro. Più della violenza, più delle tragedie che si consumano nelle stesse pagine. D’altra parte, il loro rapporto ci insegna una cosa verissima, che arriva proprio alla fine della settima parte del romanzo.
«Per molto tempo Ruth non avrebbe saputo che suo nonno, il nonno che lei conosceva, era un uomo rinato. Non seppe mai del tutto, nemmeno quando lui era ormai morto, di quali crudeltà e quanto sangue versato si erano nutrite la sua tolleranza e la sua forza. E il suo amore.»
Questo perché, tornato a prendersi cura della nipote, Grange Copeland non le svela le sue due precedenti vite. Così violente, così lontane dal mondo che vorrebbe lasciare a Ruth. Ed è normale. Nessuno di noi vorrebbe mai che gli altri vedessero tutti i mostri che ci abitano o l’hanno fatto in passato. E questo Alice Walker riesce a tradurlo benissimo in parole.
Ho trovato davvero potente questo romanzo. Lo consiglio a tutti quelli che hanno voglia di una storia vera e, proprio in quanto tale, così forte. Non solo, lo consiglio a chi ha voglia di una visione non edulcorata delle cose, anche quando possono apparire un po’ disturbanti. È un romanzo da leggere, anzi: da divorare. Ed è una storia che, anche se scritta ormai 50 anni fa, continua a essere una lezione attuale. La terza vita di Grange Copeland ci insegna che non è mai troppo tardi per migliorarsi. Anche se può durare per poco.
Grazie ancora a Edizioni SUR per averlo tradotto, pubblicato e per avercelo donato. Perché mi, anzi ci, avete regalato una lettura davvero imperdibile.
Buona lettura! ✎
Molto interessante l’intervista ad Alice Walker, apparsa sul numero di marzo 2021 sulla rivista Vanity Fair. In questo modo potete leggere anche le sue parole, dette in occasione dell’uscita de La terza vita di Grange Copeland in Italia.
Incipit
«Brownfield era accanto alla madre nel cortile, con gli occhi incollati al retro dell’automobile che si allontanava. Zio Silas rallentò quando la macchina giunse nel punto in cui dalla strada sporgeva un sasso aguzzo: la settimana prima ci si era spaccato la coppa dell’olio là sopra. Superato quel punto, contro cui aveva imprecato nei suoi andirivieni per tutta la settimana, lo zio sporse il braccio dal finestrino e agitò la mano in un saluto brioso. Brownfield rispose triste al saluto, gli occhi offuscati di lacrime.»
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