Matrimonio marocchino. In bilico: tra due mondi diversi

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Per la nuova rubrica “Tra Marocco e Italia“, Halima Rouki condivide con noi uno stralcio della sua vacanza in Marocco. Un matrimonio inaspettato, e i suoi pensieri e sensazioni: ancora una volta in bilico tra due mondi diversi.

«Mia cugina mi avvisa qualche giorno prima della mia partenza che a breve ci sarebbe stato un matrimonio e di mettere in valigia anche la mia tekscita (abito tradizionale marocchino usato in occasioni importanti).

Funziona così in Marocco: invitano una sola persona a una particolare cerimonia e quella ne invita altre.

E così, se hai programmato di invitare cinquanta persone, come minimo queste raddoppiano, senza contare la presenza dei bambini. Dopo essermi fatta mille paranoie sul fatto di non conoscere gli sposi, e soprattutto di non far parte degli invitati, mia cugina mi tranquillizza sulla normalità della cosa e decido di andare; non avrei mai fatto una cosa simile in Italia.

E anche qui, mentre mi metto la jellaba e mi preparo a prendere il taxi per andare a casa di mia zia, penso a quanto sarà imbarazzante il momento in cui metterò piede al matrimonio. Tutte le mie preoccupazioni finiscono quando, una volta lì, tutti mi salutano con baci e abbracci e mi danno il benvenuto. Addirittura si complimentano con me. Nessuno si pone domande sulla mia presenza, anzi!

Le donne sono ben truccate e ballano a ritmo di musica. Intanto la sposa, accompagnata dal marito, esce e rientra nella sala ogni volta con un abito diverso. Sembrano felici insieme, ma chi sa la verità della loro storia alla fine? Lei una quindicenne, che con il maquillage dimostra molti anni in più, e anche lui un ragazzo giovanissimo che mi sembra molto imbarazzato di tutto ciò che sta accadendo.

Mentre batto le mani in segno di felicità per l’unione della coppia, inizio a fantasticare su cosa porta una ragazzina di quindici anni a volersi sposare a tutti i costi senza alcuna garanzia a livello legale.

In Marocco infatti, come in Italia, l’atto matrimoniale è concesso solo dalla maggiore età, ovvero a 18 anni. Preciso che il suo non è stato un matrimonio forzato dai genitori: è lei che lo ha desiderato ardentemente. Poi, penso come il matrimonio in sé venga visto come priorità dalle ragazze, come se fosse l’unica cosa su cui giri e si focalizzi la vita. Come se la vita fosse incentrata sulla presenza di un uomo che, spesso e volentieri (purtroppo), è ingabbiato in una mentalità maschilista.

Sposarsi giovanissimi in Marocco non è una novità, ma se penso a me a quindici anni, circa una decina di anni fa, penso a una ragazzina piena di sogni da realizzare e obbiettivi da raggiungere. E tra quelli, il matrimonio non era presente, o meglio non è mai stato la priorità.

Rifletto su quante volte, in questi pochi giorni immersa in questa cultura – che è anche la mia -, è stato toccato l’argomento: quante conoscenti ragazzine sposate, o che a breve celebreranno la festa, ignare di cosa questo passo possa portare. Costrette a crescere in fretta, ad assumersi responsabilità per cui non sono ancora pronte. A volte, forzate a scappare dalle regole autoritarie di padri o fratelli, solo per poi ritrovarsi ingabbiate in situazioni ancora più difficili. A quindici anni non si pensa a queste cose, a quindici anni si ha ancora la mente troppo giovane per vedere la grandezza di questo passo. Spesso si pensa solo alla bellezza della festa marocchina, trascurando la vera essenza di questo grande cambiamento nella propria vita.

Ancora una volta…

Ancora una volta, lo ammetto, mi sento un pesce fuor d’acqua. Il mio modo di pensare non si sposa minimamente con ciò che “dovrebbe” far parte di me. Ancora una volta, sono libera di scegliere cosa condividere e cosa no. Forse è una fortuna, o forse è una scelta…».

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