Tommy Kuti, il rapper Afroitaliano

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  • © Foto di Nicoló Maffina | Grafica di Luca Maletta e Danilo Bentivoglio

    Tommy, Afrologist

Con questo pezzo inizio oggi un reportage sugli storyteller africani, ovvero solo di origine, presenti nel nostro paese o con qualche tipo di legame speciale con l’Italia. Ho scelto di forzare un po’ i limiti del concetto di storytelling, l’arte del narrare, estendendolo a ulteriori forme espressive e comunicative, come per esempio il Rap.

Soprattutto in conseguenza dei continui mutamenti nella nostra società e all’influenza del web e della tecnologia, sono persuaso che l’atto del racconto vero e proprio sia diventato qualcosa di estremamente complesso, variegato e multiforme. Tuttavia, la sua forza essenziale risiede ancora nella storia in sé più che nel narratore. Ecco perché, a mio modesto parere, c’è la necessità di espandere le nostre concezioni più tradizionali, poiché ci sono storie là fuori che meritano attenzione, e spesso si celano oltre i confini – o i muri – del consueto.

Il primo artista di questa mini inchiesta si chiama Tommy Kuti ed è un rapper afroitaliano, che rappa con un incredibile accento bresciano, mostrando un indiscutibile talento. Italiano di seconda generazione e classe 1989, il giovane rapper ha saputo inserirsi perfettamente nel panorama musicale contemporaneo, mostrando le sue doti innate e la sua carismatica personalità tanto da conquistare anche il talentoso collega Fabri Fibra.

Dopo aver vissuto per anni a Brescia, Tommy ha deciso di trasferirsi nel Regno Unito. Conseguita la laurea a Cambridge ha scelto di fare ritorno in Italia e di dedicarsi alla musica. Il 2016 per lui è stato un anno importante, forse addirittura l’anno della svolta, grazie anche alla collaborazione con Fabri Fibra nel brano “Su le mani”, contenuto nel disco “Tradimento-Reloaded”. A ottobre Kuti ha annunciato, attraverso i suoi seguitissimi profili social, di aver firmato un contratto discografico nientemeno che con Universal Music Italia: da quel momento la sua carriera è decollata, inserendosi a pieno titolo tra gli artisti rapper più apprezzati in Italia.

Il suo stile musicale è molto eterogeneo, basato su rime dall’alto contenuto sociale che trattano temi importanti e delicati come il razzismo e l’integrazione, con pezzi più ritmati ed autoironici nei quali esibisce con innata naturalezza le proprie capacità di intrattenitore. Tommy Kuti infatti ha il merito di essere uno dei primissimi italiani di seconda generazione ad aver portato un nuovo prototipo di artista nella scena hip hop italiana.

#AFROITALIANO è la sua prima canzone ufficiale dopo la firma del contratto con la major Universal: il testo narra l’esperienza di Tommy, un ragazzo di seconda generazione cresciuto nel nord Italia, in una piccola provincia della Pianura Padana. Con questa canzone infatti il rapper ha voluto parlare con i ragazzi che come lui vivono la particolare condizione di essere “afroitaliani”. Il video è diretto da Martina Pastori ed Edoardo Bolli ed è stato volutamente girato tra Milano, Brescia e Castiglione delle Stiviere, luoghi in cui l’artista ha trascorso la sua infanzia e adolescenza. Questo brano ha anticipato l’album di Tommy Kuti.

Non solo impegni discografici per il rapper il quale ha preso parte a Pechino Express 2018, in un viaggio avventuroso in Africa, che lo ha visto classificarsi secondo al fianco di Mirko Frezza, nel gruppo de I Poeti.

Mi accingo ora a intervistare Tommy.

Comincio con il brano intitolato #Afroitaliano. Nel testo scrivi A volte mi sembra di esser qui per sbaglio. Mi pare un’affermazione molto interessante, soprattutto se collegata ai temi che affronti nel pezzo. Cosa intendi?

Mio padre è arrivato in Italia dalla Nigeria perché c’era un lontano cugino che si era trasferito a Modena, se il cugino avesse abitato a Stoccolma sarei afrosvedese, se si fosse stato a Parigi, sarei afrofrancese, se fosse rimasto in Nigeria sarei solo nigeriano.

A volte ci penso, e penso al razzismo e a tutto quello che ho dovuto subire in questo paese, e mi sembra tutto molto casuale ed ironico.

Quando dici Sanno poco di me / sono il loro bersaglio / Ciò che ho passato loro non lo sanno / E il mio passato mai lo capiranno credi che la tua arte, sia la musica Rap che la scrittura dei libri – da quanto ho visto – rappresenti un modo efficace con cui colmare l’ignoranza della gente riguardo alle persone che provengono da altri paesi? E in che modo possiamo fare meglio?

L’arte è il modo più importante per colmare l’ignoranza, quello che deve essere fatto ulteriormente è migliorare la rappresentazione delle minoranze nella Televisione.

Il mondo è cambiato / non è complicato è un altro verso che mi ha colpito. In cosa è cambiato il mondo, secondo te, e perché in realtà non è complicato?

Il mondo è cambiato, perché si sta mescolando, ci sono sempre più persone là fuori che hanno più di una sola identità nazionale, basterebbe aprire gli occhi per accorgersene.

Dici che la nostra nazione sta scritta nel cuore. Cos’è per te la tua nazione, ovvero la nostra?

Sono molto confuso sul concetto di Nazione rispetto a quando ho scritto #afroitaliano, ai tempi mi sentivo fortemente Italiano, da ragazzino mi sentivo molto Nigeriano, ora mi sento cittadino del mondo.

La verità è che la nazione non è un tratto somatico, è qualcosa che sta dentro di noi.

Questi che ne sanno di file in questura / delle mille facce della mia cultura / è la melanina ciò che li cattura mi piace da morire. Degli aspetti solo superficiali, oltre al colore della pelle, cos’altro pensi distragga le persone da quelli davvero importanti sul prossimo?

Le persone sono distratte dalle storie di sbarchi di cronaca nera, “clandestini” in generale, la verità è che si sa poco delle storie di persone normali che fanno vite normali come i miei genitori.

Quando dici la prima volta che ho detto ti amo / ti giuro, l’ho fatto in italiano tra le altre cose mi ricordi che il linguaggio dei sentimenti se ne frega dei documenti per la cittadinanza e di ogni altra carta bollata. Pensi che anche il Rap sia in qualche modo la voce dei tuoi sentimenti?

Il rap come ogni forma d’arte serve a dare vita a tutti i sentimenti, l’odio, la rabbia, l’incazzatura ma anche l’amore.

Nella canzone Un rap per lo Ius Soli affronti un altro tema attuale e delicato. Nel testo canti non mi chiedono come sto / solo da dove provengo e dici una grande e dolorosa verità. Perché la nostra società – e non solo la nostra – è diventata così poco empatica nei confronti degli altri?

Boh, non lo so, non sono un sociologo, sono solo Tommy Kuti che scrive canzoni lol. Forse c’entra che le scuole, i media, le istituzioni non educano gli Italiani ad apprezzare le altre culture, alla fine l’Italiano è quello che va a Londra e cerca ristoranti Italiani, e poi si lamenta del fatto che a Londra si mangia male.

Altro verso che mi ha colpito è presente nel brano Plantain Chips e recita ho suonato nei centri sociali per venti cristiani / ispirato questi intellettuali con certi brani. Cos’è un intellettuale per te? E secondo te come si comportano, da noi, sul tema immigrazione?

Gli Intellettuali sono quelli che hanno letto molto, e sono informati sul tema dell’immigrazione, è chiaro che molti di loro in questo paese sono incapaci di apportare un cambiamento concreto, si parla tanto e si dice poco.

Nella canzone dal titolo Politica scrivi Il TG parla solo di immigrati / però in TV dove sono ‘sti immigrati?. Richiami efficacemente, in una sola strofa, due temi piuttosto urgenti: la strumentalizzazione degli stranieri da parte dei media e l’assenza di una rappresentazione credibile degli stessi, magari tramite i diretti interessati. Qual è il tuo punto di vista a riguardo?

Credo di essermi rotto i cosiddetti a vedere gente bianca parlare di stranieri dal mattino alla sera, lasciate parlare ‘sti cazzo di stranieri.

Infine, vorrei parlare del tuo libro Ci rido sopra, il cui titolo mi sembra particolarmente azzeccato. Pensi che l’ironia possa aiutare a raccontare argomenti come quelli che tratti in modo da mostrare alla gente ciò che viene sistematicamente omesso?

Eh sì, alla fine l’Italiano non è abituato ad affrontare certi temi senza creare dibattito, è molto più facile farlo sorridendo, facendo passare certi argomenti per ironici.

Un’ultima domanda, ispirato da Fabri Fibra nel video di #Afroitaliano, ti chiedo: ti senti più Rapper o scrittore?

Ma in realtà non sono proprio uno scrittore, sono uno che scrive, non sono proprio un rapper, sono uno che scrive canzoni rap, ogni tanto canta, ogni tanto trappa, boh… non amo le classificazioni, diciamo che mi sento molto Tommy in ogni cosa che faccio.✎

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